La nostra tournee in Brasile
In Rio Grande, lo stato più a Sud del Brasile, dove la prima emigrazione risale a oltre 125 anni fa, pensavamo sì di incontrare figli, nipoti o pronipoti di veneti, ma francamente non ci aspettavamo che l’accoglienza fosse così calorosa, generosa e sentita come tra ‘consanguinei’. Infatti le prime sensazioni provate da ciascun componente del Gruppo è stata di gioia, serenità e sincera cordialità.
La storia ufficiale, confermata dai diretti racconti dei figli dei primi emigrati in Rio Grande, asserisce che le prime ondate di veneti sono state ‘abbandonate’ lungo le vie dei grandi fiumi: ogni due chilometri venivano fatte scendere due famiglie, cui era affidato a ciascuna un appezzamento di terreno, l’uno a destra, l’altro a sinistra, largo uno e lungo due chilometri e fu così che dopo qualche anno iniziarono a formarsi i primi villaggi.
All’inizio del ‘900, all’arrivo dei Missionari italiani, tra cui gli Scalabriniani, ognuno di questi piccoli villaggi del Rio Grande (denominati secondo le loro provenienze e conoscenze: Nova Bassano, Monte Belo, Monte Berico, Nova Vicenza, Nova Padoa…) si è dotato di almeno una cappella, ma più spesso di una grande chiesa, autentici capolavori d’arte atte a contenere più volte la popolazione del villaggio.
Il nostro itinerario culturale e recitativo si è snodato tra le più importanti città del Rio Grande do Sul, la più importante è stata, come grandezza, S. Maria: una comunità di oltre 300·000 abitanti, che però vive essenzialmente di cultura e del suo indotto. Non ha industrie particolari, ma ha una Università molto rinomata, il cui Rettore – persona affidabilissima e molto alla mano – ci ha voluto suoi ospiti, intrattenendoci per un’oretta insieme con due insegnanti di origine italiana, Pasin e Rossato. E se l’Università è un segno distintivo della presenza veneta in Brasile, non di meno ci sono moltissimi altri segni di cultura sparsi quasi dovunque: come non citare Nova Palma, A. Rocha, Flores da Cunha, Serafina Correa.
Tuttavia di questi veneti la loro peculiarità più importante è la loro parlata corrente, la loro lingua in famiglia, del tutto eguale a quella che 40-50 anni fa si usava nelle nostre terre venete e vicentine in particolare. È il nostro dialetto veneto che loro chiamano “el ‘taliàn” poiché il primi emigrati si qualificavano come italiani e ritenevano che la loro fosse la lingua italiana.
E di questo modo di vivere e parlare, non sono orgogliosi solo loro veneti brasiliani, ma anche noi sottoscritti veneti italiani che li abbiamo incontrati. Ecco quindi che il nostro viaggio “teatrale” alla riscoperta del dialetto veneto in terra straniera, ha assunto per noi e per loro un altissimo significato culturale ed un profondo arricchimento umano, che ci ha ripagato delle tante fatiche sostenute per realizzare in Rio Grande la tournee del ventennale di attività della Torre di Chiampo.